Il Palazzo della Provincia
Pubblicazioni di materiale multimediale relativo alla costruzione e decorazione del Palazzo della Provincia di Perugia.
Il Palazzo della Provincia di Perugia è stato costruito tra il 1867 e il 1873 su progetto dell'ingegnere architetto milanese Alessandro Arienti.
Esso sorge sulle rovine della Rocca Paolina, demolita dai perugini l'indomani della liberazione dell'Umbria dallo Stato pontificio e della sua annessione al Regno d'Italia, fra il 1860 e il 1861.
La sua progettazione è stata estremamente laboriosa e ha impegnato il dibattito e l'interesse politico della Città di Perugia, proprietaria dell'area su cui si sarebbe dovuto costruire il nuovo edificio, per tutti gli Anni Sessanta dell'800.
Prima di arrivare ad approvare il progetto dell'ingegnere capo comunale, Arienti, il Comune di Perugia aveva bandito diversi concorsi ed esperito altrettanti tentativi, rivelandosi a lungo incapace di decidere il tipo di edificio e la destinazione che gli si sarebbe dovuto riservare nel contesto della sistemazione "moderna" del Colle Landone su cui era sorta, prima della Rocca di Paolo III Farnese, la cittadella medievale dei Baglioni.
Si affrontarono diversi "partiti" e ci fu anche chi pensava che investire sulla ricostruzione del centro storico di Perugia non fosse necessario e che era preferibile , piuttosto, concentrare l'attenzione dell'espansione di Perugia nella pianura sottostante. Il progetto di Alessandro Arienti, professionista al di fuori di ogni "interesse" particolare di natura locale, finì per essere vincente proprio perché contemperava come meglio non si poteva l'esigenza di trasformare in maniera moderna il vecchio Colle di Perugia e la necessità di farlo in maniera avveduta e economicamente non distruttiva delle casse comunali.
Il progetto del Palazzo di Arienti, infatti, era parte di un disegno complessivo, oggi diremmo urbanistico, di sistemazione di tutta l'area del Colle Landone e, visto in questa ottica, riuscì a superare tutti gli ostacoli burocratici e amministrativi che si frapponevano alla sua realizzazione.
E vi riuscì a tal punto che fu possibile ad Arienti proporre e imporre un modello costruttivo assolutamente in disaccordo con le caratteristiche architettoniche del Medioevo umbro che ancora dominavano la fisionomia del centro storico di Perugia.
Lo stile del palazzo infatti è improntato a modalità costruttive lombarde e venete con citazioni dell'architettura bolognese. Sostenuto da una delicata e funzionalissima corsa di archi che all'architetto Signorini ha potuto suggerire, seppure con largo anticipo, le tematiche costruttive di Le Corbusier, il Palazzo della Provincia di Perugia, con i suoi tipici filari di pietre bianche e rosa alternati su tutte le facciate ha finito per inserirsi perfettamente nel nuovo centro storico di Perugia e convive con le altre imponenti costruzioni che lo attorniano, risalenti ai suoi stessi anni o a qualche decennio successivo, come nel caso di Palazzo Cesaroni.
La sua destinazione iniziale era quella di grande edificio per le arti, un grande museo adibito anche agli interessi della locale Accademia di Belle Arti.
Come tale, infatti, era stato progettato dallo stesso Arienti, il quale fu poi talmente duttile da riuscire a trasformarlo in sede della Residenza provinciale e prefettizia perché nel frattempo il Comune di Perugia aveva trovato conveniente investire sulla propria costruzione in questa direzione.
Gran parte di questa trasformazione e di questa mediazione furono rese possibili dal notevole intervento di una schiera di artisti che furono chiamati a dipingere con particolare enfasi le Sale principali e di più spiccata rappresentanza del neonato Palazzo. Guidati da Domenico Bruschi, cinque pittori più il loro maestro hanno lasciato nel palazzo un'impronta formidabile del gusto pittorico umbro dagli Anni Settanta dell'Ottocento.
Veri e propri cicli pittorici sono stati concepiti e realizzati all'interno del Palazzo provinciale di Perugia per illustrare la storia della città nel corso dei secoli e per celebrare le virtù delle città umbre che si erano riunite nella nuova Provincia dell'Umbria.
Il cuore del Palazzo è rappresentato dalla Sala del Consiglio provinciale, dipinta da Domenico Bruschi.
Essa è un vasto vano di pianta ottagonale, illuminato dall'alto dalla grande vetrata di Francesco Moretti, che sovrasta una loggia circolare affacciata sul centro della Sala.
Le otto colonne, che sottolineano l'andamento del perimetro del locale, formano un gradevole porticato di transito. L'effetto cromatico, con una predominanza dell'oro e del blu, e la struttura richiamano motivi dello stile orientale.
La volta della Sala, coerentemente con la sua pianta ottagonale, è stata suddivisa in otto spicchi. In ognuno di essi, entro cornici quadrilobate, Bruschi ha rappresentato altrettante personificazioni femminili, sei delle quali delle città umbre e sabine sulle quali si estendeva la giurisdizione della Provincia dell'Umbria, le due restanti essendo della "Provincia" stessa e dell'"Italia".
Perugia è raffigurata in atteggiamento orgoglioso, superba appare Foligno, è rigogliosa Rieti, maestosa Orvieto, laboriosa Terni, nostalgica Spoleto.
La Provincia dell'Umbria è una personificazione riccamente vestita che siede su un trono ed è dipinta nelle sembianze di una fanciulla che, nonostante il nobile e composto atteggiamento, abbassa timidamente lo sguardo, non osando incontrare quello dell'Italia che le è di fronte e la domina.
Comunicano con la Sala del consiglio altre due sale molto importanti, che erano state concepite come luoghi di "trattenimento" per i consiglieri provinciali: la prima è detta "degli stemmi" la seconda è significativa in particolare, perché vi troviamo il monogramma dell'autore - Giovanni Panti - e la data di esecuzione: 1873.
Dalla sala del Consiglio si diparte anche la Loggia di Ponente, la cui decorazione originaria è andata perduta ed è stata sostituita, nel 1915, da un intervento in stile Liberty, uno dei primi a Perugia, dei pittori Bruto Polidori e Alfredo Giancarli.
La grande Sala dei ricevimenti nell'ala in cui è ospitata la Prefettura di Perugia è, insieme con la Sala del Consiglio, il punto di maggiore espansione della volontà di decorare il Palazzo provinciale.
Anche la decorazione di questa Sala è opera di Domenico Bruschi, il quale si trovò di fronte alla non perfetta regolarità delle linee della volta e all'altezza di questa non proporzionata, per difetto, rispetto alla larghezza e alla lunghezza della Sala.
Risolse il problema concependo dei finti arazzi riccamente bordati d'oro e velluto, appositamente studiati per gli spazi della volta, alla quale figurano tesi e collegati con anelli e chiodi metallici, e della quale lasciano vedere, negli intervalli, le grandi cornici architettoniche, tutte sontuosamente decorate con festoni e con putti che hanno in mano gli stemmi della Provincia dell'Umbria e del Regno d'Italia.
Delle sette composizioni rappresentate dentro gli arazzi, quella centrale - detta della "Gloria" - consiste in un "insieme di Fame, di Geni e di Puttini" che spicca per la sua connotazione fantastica, mentre le altre illustrano il "Perugino Parnaso", cioè gli uomini più illustri della città nei campi delle armi, delle scienze, delle lettere e delle arti.
Un'esedra architettonica fa da sfondo a tutti i quadri mentre uno stesso orizzonte sfuma da chiaro e luminoso, fino al centro della volta, in una molteplicità di azzurro sempre più profonda.
Davanti a ciascun arazzo, Bruschi ha dipinto un genietto alato, tra le cui mani si srotola un cartiglio con dei motti poetici relativi al soggetto della composizione. Infine, fanno da supporto narrativo agli arazzi dieci lunette, racchiudenti altrettante piccole storie relative alla vita di alcuni dei personaggi dei grandi quadri.
Il primo arazzo è dedicato ai pittori del Quattrocento perugino, fra i quali spicca Pietro Vannucci.
Il secondo arazzo ha per protagonisti gli architetti, mentre il terzo raffigura i guerrieri. Sala.
Nel quarto arazzo, posto in fondo alla sala dirimpetto a quello dei pittori, fanno grande sfoggio di sé gli uomini di lettere. Seguono gli arazzi degli orefici e scultori e quello del demagogo.
La forte impronta data da Bruschi alla decorazione del Palazzo provinciale con il lavoro nella Sala dei ricevimenti non cancella la qualità e il significato degli altri interventi realizzati nella residenza prefettizia.
Spicca su tutti la Galleria meridionale, intricante punto finale del percorso all'interno del Palazzo provinciale.
La decorazione della galleria è opera di Mariano Piervittori.
Essa si segnala per la spigliatezza decorativa, arricchita dalle rappresentazioni allegoriche e da motivi a grottesca. La Sala si infiamma letteralmente per l'ossessione del ritmato tourbillon satiresco e si placa nella narrazione, che avviene entro due lunette, raffiguranti, la prima la partenza per una battuta di caccia, la seconda il successivo pranzo con la cacciagione uccisa.